Un quadro fra tanti
A Venezia, come in pochi altri luoghi al mondo, esistono spazi che permettono di trovare il panorama dello "stilista" seduto sulla colonna, pur tra la folla. 
In poche parole si possono trovare degli angoli in cui tranquillamente si può eleggere un panorama o un'opera d'arte a confidente. Una delle Gallerie di maggior interesse in questo senso è l'Accademia, dove  la Tempesta del Giorgione affascina quanto una Mona Lisa a Parigi, una Venere di Botticelli negli Uffizi o il Cristo del Mategna a Brera.
La genesi
Venezia nel 1700 era una delle capitali della pittura e un gran numero di pittori si portava nella Serenissima per andare a Bottega o per metter su Bottega.
Questo proliferare di ambienti artistici evidenziava l'utilità di uno spazio attrezzato in cui poter dipingere, incontrasi, far promozione.
Nel gennaio del 1756 l'Accademia si dotò di un proprio statuto e il 15 febbraio dello stesso anno, Giambattista Tiepolo fu nominato presidente dell'Accademia.
Lo statuto stabilì che la congregazione accademica fosse formata da trentasei membri (pittori e scultori e tra questi sarebbero stati selezionati ogni anno i quattro maestri che dovevano sorvegliare il lavoro degli studenti). Gli accademici sarebbero stati eletti tra gli artisti più famosi nel Veneto e tra gli ex allievi che, compiuti i venticinque anni, avessero esposto un'opera particolarmente interessante.
Approvato lo Statuto, il Governo decise di sovvenzionare l'Accademia con ben venti ducati al mese.





Regali senza ducati
Quando, dopo la spartizione della Serenissima avvenuta a Campoformido, arrivarono in laguna gli austiaci una delle prime cose che non furono capite fu l'atmosfera artistica che permeava la città.
 Così per segnalare il nuovo corso, il nome dell'Accademia cambiò prima in "Regia Pubblica Accademia di Pittura" e poi in "Regia Pubblica Accademia di Belle Arti". 
Il governo austriaco non si occupò dell'Istituto che per sopravvivere si dovette indebitare e dove bidelli e professori lavorarono gratis.
Nella rete delle Accademie
Nel 1805  l'Accademia riprese vigore poiché - sotto i francesi - il Viceré Napoleone Eugenio, conferì all'Accademia di Venezia  lo stesso  ordinamento delle Accademie di Milano e di Bologna e le scuole di architettura, incisione, pittura e scultura ebbero ciascuna il proprio titolare.
Il 12 febbraio 1807 l'Istituto divenne "Accademia Reale di Belle Arti".
In e out
La scuola dell'Accademia arricchisce le sue Gallerie, quando, con l'annessione al Regno italico nel 1805, sono progressivamente chiusi tutti i palazzi pubblici, quaranta parrocchie, centosettantasei edifici di culto.
Gli oggetti d'arte che ne provenivano o quelli che erano scampati alle vendite e alle dispersioni trovarono nel museo il loro rifugio.
Molte di queste opere furono poi destinate verso altre esposizioni: molte furono trasferite all'Accademia di Brera a Milano, altre decorarono le varie residenze dei viceré, altre furono vendute dallo Stato italiano e ora si trovano in tutti i musei del mondo.
Nuovi arrivi
Nel 1856 l'imperatore Francesco Giuseppe acquistò dalla Galleria Manfrin:



"La Vecchia" di Giorgione,
"La Madonna col Bambino" di Nicolò di Pietro,
il "San Giorgio" di Andrea Mantenga
Le collezioni
I primi nuclei delle collezioni erano costituiti da: le opere trasportate dalla vecchia Accademia; alcuni dipinti della Scuola della Carità;
Inoltre: nel 1812 fu acquistato dal viceré Eugenio Beauharnais il Ricco Epulone di Bonifacio de' Pitati; nel 1815-16 furono trasferite dalla chiesa di San Giobbe tre grandi pale di Giovanni Bellini, Carpaccio e Basaiti, dai Frari fu trasportata la grande Assunta del Tiziano; nel 1822 fu acquistata dall'abate Luigi Celotti la collezione dei disegni di Giuseppe Bossi.


L'abate Luigi Celotti salvò molti capolavori da "fughe" nei paesi d'oltralpe e riuscì ad acquisire molti capolavori tra cui lo Sposalizio della Vergine di Raffaello (oggi a Brera).
Lasciti dai privati
Ad arricchire la Galleria parteciparono molti privati. Lasciti e donazioni che ebbero inizio nel 1816 con Girolamo Morlin: tra l'altro l'eredità  comprende i trittici dell'Alberegno e di Jacobello da Fiore, L'Annunciazione di Lorenzo veneziano, Il Paradiso di Giambono. Il fratello di Canova donò i grandi gessi di Teseo e Ercole.
1833/1850: giungeva la donazione di Felicita Renier che comprendeva tra l'altro:
 


"San Girolamo e un devoto" di Piero della Francesca
"La Madonna col Bambino tra due Santi" e "La Madonna col bambino tra le Sante Caterina e Maddalena" di Giovanni Bellini.
 "Il Cristo deposto" di Cima da Conegliano.
1838: Girolamo Contarini donava all'Accademia la sua collezione di 188 dipinti, tra cui:


"La Madonna col Bambino benedicente
",
 "La Madonna degli alberetti" e le Allegorie di Giovanni Bellini,
sei scene di vita veneziana di Pietro Longhi.
Piccoli  gioielli di enorme valore.
Monumenti che valgono una passaggiata notturna o una giornata strappata alla routine.
La scala Contarini detta del Bovolo.
la Cattedrale dei Santi MariaDonato a Murano,
la Tempesta del Giorgione all'Accademia,
la chiesa di San Pietro di Castello,
il mercato di Rialto...







La sede
Venne chiesto ai Collegi dei Pittori e degli Scultori di suggerire come poteva essere organizzato questo spazio.
Le Congreghe presentarono il progetto che il Senato Veneto, il 14 dicembre 1724, tramutò nella legge atta a "istituire un'Accademia, onde attrarre et allettare a trattenersi a questa parte gl'Oltramontani che necessariamente vi passano nel trasferirsi a Fiorenza, Bologna e Roma."
Il 24 settembre del 1750 il Senato diede in uso una stanza al secondo piano del Fontego della Farina, affinchè in essa " potessero unirsi i giovani per disegnare, ma con la condizione di poterla ancora adoperare in servizio pubblico, qualora ne sopravvenisse il bisogno."
Il Fontego che manteneva la primaria funzione di sede del Magistrato delle Farine ospitava i banchi dei piccoli commercianti, nel porticato del piano terra. I ducati  per la nuova scuola li fornirono i patrizi, i comuni cittadini, gli artisti e gli stessi giovani.
Il complesso architettonico che ospita le Gallerie dell'Accademia è il risultato dell'accorpamento, realizzato all'inizio del secolo XIX, di tre edifici: la chiesa della Carità, il monastero dei canonici lateranensi e la Scuola Grande della Carità.
Gian Antonio Selva, professore di architettura, fu incaricato di trasformare al nuovo compito il complesso dei vecchi edifici.
Nel 1807 fu definitivamente lasciato il Fonteghetto della Farina e la scuola fu trasferita in quel complesso di edifici comprendente:
il Convento dei Canonici Lateranensi, progettato nel 1561 da Andrea Palladio;
la Chiesa della Carità, ricostruita da Bartolomeo Bon tra il 1441 e il 1452;
la Scuola della Carità, la prima delle Scuole Grandi veneziane, fondata nel 1260.
Il restauro si ispirò ai concetti architettonici di Palladio; infatti, la chiesa fu divisa in due piani e, spogliata di tutti i suoi ornamenti, e adattata ad ospitare le aule e i gallerie. Il 5 novembre 1807 la scuola si aprì nella nuova sede.
Diventata lo spazio dedicato all'università della comunicazione visiva vi è stato concentrato il patrimonio più ricco della cultura veneziana dal Trecento al Settecento





Basilica dei Frari

La Basilica dei Frari è un vero gioiello di rapporto tra architettura e pittura. Entrare dall’ingresso principale e ammirare, attraverso l’arco della corale, l’aprirsi dell’Assunta che sovrasta l’altar maggiore è una delle più forti emozioni che si possano provare.
La struttura (eretta tra 1250 e 1338 ad opera dei Frati Francescani Minori conventuali) è stata ricostruita nel XIV secolo in stile gotico-cistercense.
Il capolavoro più noto tra quelli contenuti nella chiesa è la pala dell'Assunta (1516-1518) che è stata dipinta da Tiziano appositamente per l'altar maggiore.
Negli anni è divenuta vero forziere d’opere d’arte: tra gli altri capolavori va segnalata iusta cornice è la  Pala Pesaro di Tiziano (1526); il bellissimo Trittico della Vergine e Santi di Giovanni Bellini (1488), il Trittico di S. Marco (1474) di Bartolomeo Vivarini (Cappella Corner)...